Quaderni della Fondazione Professor Paolo Michele Erede a cura di Michele Marsonet
Quaderno N. 1 – 2008. “I Problemi della Società Multietnica”
Numero monografico dedicato agli elaborati vincitori della Prima Edizione del Premio Professor Paolo Michele Erede
Silvio Parodi - Paolo Michele Erede, scienziato ed umanista.
Il prof. Paolo Michele Erede, che la moglie dott. Franca Erede Dürst ha voluto ricordare ed onorare con una Fondazione, oltre che un medico validissimo, coltivò sistematicamente durante la sua vita profondi interessi per la dimensione culturale umanistica e filosofica delle attività umane. Fra queste ed il mondo biomedico esistono in realtà legami ben più profondi di quanto si possa a prima vista pensare.
Il mondo biomedico può essere visto avendo in mente primariamente problematiche concernenti la salute: capire le malattie, prevenirle, diagnosticarle, curarle. È una prospettiva certamente estremamente complessa e della più grande importanza.
Nel contempo, come conseguenza del fatto che siamo esseri viventi, avviene anche che le conoscenze scientifiche e filosofiche di ordine più generale siano filtrate attraverso le strutture portanti di un essere vivente: le sue reti neuronali, dietro a queste, ad un livello più riduzionistico del precedente, ma ancora di enorme complessità, le reti molecolari di controllo, un complicatissimo intreccio di interazioni biochimiche, a volte reversibili, a volte legate a catalisi enzimatiche, che governano ogni funzionamento cellulare.
Homo sapiens sapiens ha reti neuronali capaci di supportare il linguaggio; esso consente un livello di integrazione delle esperienze più astratto e potente, rispetto alle associazioni (prevalentemente legate ad elaborazioni / memorizzazioni di immagini?) proprie dell’intelligenza di altri mammiferi e, perché no ?, di altri esseri viventi.
Il linguaggio è certamente un diaframma fra noi e la realtà, ma in qualche modo deve “funzionare” nell’organizzare le nostre esperienze della realtà medesima, perché se fosse stato capace soltanto di elaborazioni fantastiche non ci avrebbe offerto alcun vantaggio evolutivo.
La biologia molecolare ci dice molto chiaramente che tutti gli esseri viventi oggi esistenti sulla terra sono fra loro parenti. Condividono infatti:
– SW (software) in base quattro rappresentato da uno stesso comune DNA (od RNA) che fa uso delle stesse quattro basi.
– Funzionalità operative fondamentali quali: polimerasi, mRNAs, tRNAs, rRNAs, ncRNAs, ribosomi, codoni-tripletta ciascuno con la stessa corrispondenza verso gli stessi aminoacidi.
A quanto sopra dobbiamo aggiungere la sorprendente capacità “storica”che i “viventi” hanno avuto, di evolvere verso livelli anche elevatissimi di complessità: una sorta di incremento multidirezionale del “disordine”, vincolato però dalla condizione che la capacità “autopoietica” del sistema doveva essere mantenuta, in un ambiente di crescita adatto che fosse disponibile.
Il passaggio da mondo pre-biologico a mondo biologico avvenne spontaneamente?
In condizioni “ambientali” compatibili può essere un portato delle stesse proprietà fondamentali e coerenti della materia?
Domande che generano in noi una sorta di umile stupore, il senso oscuro di una sorta di Divino (immanenza del Divino?): un Esistente che esiste, sorprendente, ordinato, complicato.
Si affaccia oggi la possibilità che l’evoluzione possa procedere come evoluzione dipendente dagli esseri umani. Fra qualche centinaio d’anni, una futura evoluzione della mente umana di oggi, scorgerà un significato ben più profondo in tutta questa sconvolgente storia?
Un
mio caro amico, che da molti anni lavora al National Institute of Health di
Bethesda (Kurt W. Kohn) e che oggi si occupa di reti molecolari di controllo e
di MIMs (Mappe di Interazione Molecolare), mi scrisse qualche tempo fa: “If
we are part of the cosmos, then it is as if the cosmos is asking questions about
itself”. Possiamo vedere le cose anche in questo modo. Tuttavia soggiunse anche: “This human-dependent evolutionary process
has the potential of producing great evil along the way”. Possibile,
anzi probabile?
Nei
secoli gli uomini utilizzano le conoscenze passate come un prezioso tesoro
ereditato; nel contempo le riforgiano, le stravolgono, le arricchiscono, danno
loro nuovi significati traslati, metaforici.
Appropriato
appare dunque in questo contesto concludere con la terzina dantesca (La Divina
Commedia – Inferno XXVI, il Canto di Ulisse), che è anche il motto della
Fondazione Michele Erede:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza
Ed anche nell’ardimento dell’Ulisse dantesco non mancava, al fondo della storia, il rischio “of producing great evil along the way”.
Indice del Quaderno N. 1 – 2008
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