Testi tratti dal Libro il FLORILEGIO di Paolo Michele EREDE
Filosofia Storia Umanologia
La Dea Techne. Dal Mondo Unico al Mondo Programmato
La progressiva tendenza alla integrazione ed alla omogeneità della comunità planetaria induce - certamente - crisi di identità di nazioni e di popoli con la conseguenza di una esasperazione reattiva delle caratteristiche delle tradizioni culturali delle società così come dei singoli individui.
Il peso della storia del sé, il peso della storia del contesto a fronte della progressiva denaturazione del "mondo" in cui ci si sviluppa, si vive e si è in relazione, i continui mutamenti dell'ambiente, la cui frequenza diviene sempre più motivo di disadattamento per i ritmi di vita psichica e fisica degli individui e quindi della società, portano alle più clamorose contraddizioni da cui derivano le sempre maggiori difficoltà a realizzare uno sviluppo razionale basato sulla capacità e sulle possibilità di programmare con un vasto margine di compatibilità con l'esistente. Il vortice cambiamentale è la "sabbia mobile" su cui poggiano i programmi.
Nella preparazione di un programma si pongono tempi di attuazione a breve, medio e lungo termine, ma l'obiettivo è posto in un contesto del quale generalmente si presuppone una certa stabilità, in modo che sia possibile lavorare secondo previsioni calcolate di validità e di utilità. Ma questo presupposto non è sempre fondato giacché contemporaneamente alla prima fase della realizzazione di un programma (il "breve termine") la situazione specifica e generale è già talmente mutata da far ritenere - in molti casi - superato il progetto iniziale.
Il senso della realtà, dell'impatto col quotidiano, induce valutazioni delle necessità sempre più rapide e quindi esige risposte sollecite che superano la formulazione ideologica di un programma - talvolta utopistica - che ne ritarda l'attuazione. Risulta evidente il contrasto fra i due momenti (realtà-necessità, ideologia-programmi) e sempre più ci si domanda se la realtà determini l'ideologia e successivamente i programmi anziché il contrario.
Il discorso sin qui fatto ha un senso se si è presa coscienza della continua mutazione indotta dalla progressiva interazione planetaria dovuta ai rapidi mezzi di comunicazione veicolare e dell'informazione.
Il linguaggio dei numeri, il linguaggio dei simboli e forse una lingua comune portano l'umanità a confondere tutte le afferenze diverse e diversificate. Di qui l'irrazionalità dei meccanismi di difesa con tentativi di arroccamenti ideologici e culturali i cui primi segnali vediamo nell'insofferenza verso il cosiddetto "progresso". L'irrazionale è
certamente l'illusione di alzare ponti levatoi, di ricreare antiche mura e bastioni entro cui rifugiarsi a vivere come in un "parco naturale". Da questa via non passa quel recupero razionale che scaturisce - invece - da un confronto armonico e dialettico che solamente una nuova "formazione" culturale, psicologico-comportamentale dell'individuo può dare in modo da non essere travolti dall'onda d'urto della tecnica (la fede unificante e sconvolgente del nostro mondo).
La società avverte sempre più il distacco dall' "era ideologica", via via che si addentra nell' "era tecnologica", sempre più abbandonando i miti del passato e certamente una parte consistente di quella "storia" condizionante, che è anche - per alcuni aspetti - anacronistico riproporre, dato che, se è pur vera la concezione "vichiana" dei "Corsi e Ricorsi", è altrettanto vero che questi si sviluppano lungo l'asse del tempo, non sui piani paralleli di una imitazione statica, ma seguendo la spirale di una evoluzione indeterminata, indeterminabile, correlata necessariamente al contesto planetario.
Certamente il riferimento comune per l'umanità attuale e futura è la "tecnica" in quanto tutti i popoli quali ne siano l'origine, le tradizioni, i comportamenti, le abitudini di
vita, la filosofia, le ideologie, le religioni, la pongono in primo piano per la necessità di sviluppo e di sopravvivenza cui nessuno può sottrarsi.
Per la maggior parte, i nuovi schemi formativi delle comunicazioni e relazioni umane, la rete di servizi e le nuove tecnologie, le nuove alleanze e responsabilità sociali,
non sono più confinati all'interno dei vecchi limiti di carattere fisico, culturale e geografico. Questo è un mondo che si è fuso in un'unica comunità influenzata meno da idee politiche e ideologiche che da sviluppi scientifici e tecnologici.
"È importante chiarire il concetto di "mondo unico" riferito ad una società planetaria, ove si intende soprattutto una società le cui forme base, le cui istituzioni, i cui valori
sono orientati più linearmente verso la sopravvivenza della comunità mondiale.
Le seguenti considerazioni delineano, in parte, la possibilità di vita di una società planetaria:
1. le più grandi economie tecnologiche nazionali richiedono - ora - una accessibilità alle risorse materiali di tutta la terra per garantirsi la continuità della produzione. Nessuna nazione o regione è completamente autosufficiente e autonoma. Le nostre attività economiche rendono necessario, inoltre, un crescente fondo comune di informazioni e conoscenze liberamente disponibili e rapidamente trasferibili per poter continuare la loro esistenza;
2. l'uso delle risorse cui si ricorre per sostenere questi sistemi, si avvicina a livelli tali da cominciare ad interferire sostanzialmente con i naturali cicli di energia e di materiali dell'intero sistema terrestre. L'inquinamento d'aria, suolo e acqua trascende i confini nazionali e richiede un coordinamento internazionale per consentire un effettivo controllo;
3. tutte le tecnologie avanzate sono ora "mondiali" nel loro funzionamento. L'aumento delle loro esigenze di espansione su più larga scala va oltre le capacità di ogni
singola nazione (e di consorzi di nazioni) di produrre e di mantenere la totalità della produzione;
4. di pari passo con la diffusione dei prodotti, dei servizi e delle nuove tendenze socioculturali, si è verificata una quasi invisibile crescita delle funzioni delle organizzazioni mondiali di regolamentazione. L'accresciuta dipendenza di tutte le nazioni del mondo da queste organizzazioni internazionali di servizi, costituisce un invisibile meccanismo di controllo che trascende le differenze politiche e ideologiche;
5. tutti i più grandi problemi attuali sono problemi mondiali, e la maggior parte di questi problemi non può essere risolta su piano nazionale. La natura e dimensioni di
molti di essi, come ad esempio, la salute mondiale, la fame, la casa, sono andati ben al di là dello stadio in cui possono essere fronteggiati con limitate soluzioni tra nazioni; essi sono problemi transnazionali, sia per quel che riguarda la loro dimensione che per la gamma di soluzioni con le quali possono essere affrontati.
Mentre si enfatizzano parole come "mondo unico", "transnazionale", eccetera, è importante d'altra parte stroncare ogni illazione sulla possibilità di ritenere che la
tendenza verso una società planetaria sottintenda necessariamente un "governo mondiale" secondo modelli presenti nell'attuale sistema politico. Coloro che invocano una soluzione di questo tipo solitamente sottovalutano i pericoli di oppressione insiti nel potere centralizzato. Imporre un modello attuale qualsiasi di governo su scala mondiale sarebbe una follia" (John McHale).
Il terzo millennio si presenta a noi con un congedo dai condizionamenti della storia e di quella storia che ha diviso il secolo passato a causa di una diarchia Est-Ovest con due ideologie guida nelle risposte-proposta alla umanità e con sistemi economici antitetici seppure tendenti progressivamente a forme di ibridazione.
La concezione planetaria degli anni avvenire non sarà, quindi, prevalentemente ideologica, bensì tecnologica. La Dea "Techne", figlia della "Scienza", è quindi divenuta
il dio "Pan", mito annunciato del terzo millennio.
I trionfi della tecnologia "fisica" hanno già segnato "l'era della scienza", ovvero "seconda rivoluzione industriale". È opinione diffusa che scienza e tecnica abbiano
fatto progredire il mondo e che "conoscenza" equivalga a "potere", ma la potenza tecnologica non ha reso né potrà rendere più felice l'uomo.
Il rischio di totale dipendenza dalla tecnica preoccupa sempre di più l'uomo che teme di essere trasformato in collettore di dati numerici memorizzati a impulsi dai ritmi
sempre più frequenti. L'immagine di uomo-robot non è che una proiezione dello "spirito del secolo" nella coscienza; l'uomo come computer che si vuole programmare
vivrà - possibilmente - senza problemi e questo è certamente il desiderio più importante e allora il suo comportamento verrà considerato come transazione commerciale
con il minimo costo ed il massimo profitto.
Stimolo-risposta, input-output, produttore-consumatore ecc...: questa è la via per la progressiva disumanizzazione dell'individuo che diviene un oggetto del potere politico e commerciale. L'evoluzione tecnologica fisica è quindi nota ma ciò che si conosce poco è lo sviluppo, essenzialmente nuovo e senza precedenti, della tecnologia psicologica e della sua influenza anche tramite i mass-media (pubblicità, partiti politici, governi ecc...) nella società.
Alla tecnologia che controlla la natura è venuta quindi ad aggiungersi la tecnologia che controlla l'uomo causando nuovi problemi circa il suo destino, la sua personalità
ed il significato della sua esistenza. Sempre più allo stimolo dei mass-media si ha la risposta condizionata, spersonalizzante, che inibisce progressivamente la creatività avviando l'uomo alla dimensione di robot programmato.
Ma non bisogna indulgere ad una visione troppo pessimistica, giacché l'uomo - oggi - sta prendendo sempre più coscienza dei rischi di tali prospettive e solo la presa di
coscienza può portare al riequilibrio dell'esigenza umanista con lo sviluppo
tecnologico.